E' sorprendente osservare come la complessità della disciplina dello yoga, una disciplina fondata su antica saggezza e spiritualità, viene oggi integrata e riletta alla luce delle teorie emergenti neurofisiologiche, e che può quindi trovare applicazione nei contesti sanitari moderni.
La teoria polivagale può infatti essere vista come la traduzione neurofisiologica del concetto yogico dei guna, ovvero le qualità di base da cui emergono attributi comportamentali, emotivi e fisici, simili alle piattaforme neurali della teoria polivagale.
La teoria polivagale descrive quindi 3 piattaforme neurali che si attivano in risposta ad una minaccia, reale o percepita. La neurocezione rileva gli indizi di sicurezza, pericolo e minaccia provenienti dal nostro corpo, dall’ambiente circostante e dalle nostre connessioni con gli altri.
Le tre piattaforme neurali sono legate a comportamenti e strategie difensive, e trovano corrispondenza con il concetto yogico dei Guna, caratteristiche o stati della natura/ qualità di base, che si rispecchiano in attributi comportamentali, fisici ed emotivi, che ritroviamo nella filosofia dello yoga. Queste strutture condividono caratteristiche parallele: la piattaforma neurale attiva riflette la predominanza guna e viceversa. Possiamo dire che la teoria polivagale è la traduzione neurofisiologica del concetto dei guna yogici:
1. Il sistema vagale ventrale parasimpatico (corrisponde al guna Sattva, il guna dell’ equilibrio e della serenità) attiva le strutture neurali dell’ ingaggio sociale, ed è filogeneticamente il piu recente. coinvolgimento sociale, la nostra forma più alta di autoregolazionee che ci permette di stare in relazione con gli altri. Quando è percepita sicurezza, il sistema supporta la connessione e regolazione neurale degli stati viscerali supportando l’omeostasi e la comunicazione. Vi è una connessione fra i muscoli del viso e testa con bronchi e cuore (Porges, 2011, 2017; Porges and Carter, 2017).
2. Il sistema nervoso simpatico (corrisponde al guna Rajas) consiste nell’attuazione di comportamenti attacco/fuga e richiede un aumento metabolico per supportare la mobilizzazione: aumento del tono muscolare, flusso del sangue alla periferia, e un aumento del battito cardiaco e respiro. E’ associato alla paura, alla rabbia e finalizzato a cercare sicurezza.
3. Il sistema dorsale vagale parasimpatico (corrisponde al guna Tamas): si attiva in risposta a minaccia di vita nella maniera più primitiva, ovvero vi è un calo o blocco del tono muscolare, un inibizione delle viscere per ridurre il metabolismo. Situazioni definite shutdown o collasso. Implica quindi risposte di freezing o dissociazione, di spegnimento (Porges et al., 2018).
Per concludere....
Lo yoga terapeutico costruisce una base solida per orientarsi verso il sistema vagale ventrale (che corrisponde al guna sattva) per promuovere un senso di connessione, tranquillità e benessere fisiologico psicologico e comportamentale. Raggiungere lo stato di sattva non è l’obiettivo dello yoga terapeutico, ma piuttosto raggiungere la capacità di essere consapevoli dello stato in cui siamo, e di saperci muovere e riportarci in una condizione di equilibrio. Un esempio è la qualità rajas, legata all’ azione, che sul piano neurofisiologico corrisponde al sistema di “attacco o fuga”, in alcuni momenti quali la sessualità, il gioco, una competizione, diventa funzionale ed è parte del sistema di coinvolgimento sociale, in un vissuto di sicurezza.
Tramite lo spostamento consapevole tra i guna di rajas e tamas, e che sappiamo corrispondere alle controparti di sistema vagale dorsale e sistema vagale ventrale, si sviluppa la Resilienza, strettamente collegata alla capacità di autoregolazione. Questo parallelismo tra le piattaforme neurali e i guna è significativo nel consentire alla terapia yoga di essere praticata in modo coerente con i suoi fondamenti filosofici pur essendo traducibile negli attuali sistemi neurofisiologici.
Sono tanti i concetti del sistema dello yoga che possono essere tradotti alla luce della teoria polivagale e del lavoro clinico in psicoterapia. Anche il concetto di compassione, una fondamenta nella filosofia dello yoga, comincia a muoversi e farsi strada anche nel contesto clinico. Infatti, Porges afferma che piuttosto che combattere i sistemi di difesa, è necessario aiutare il paziente a sviluppare comprensione e rispetto verso il proprio corpo e le risposte strategie che gli hanno consentito di sopravvivere.